19.11.09

La vita in un secchio

A dieci anni Tedspal tentò il suicidio. Aveva litigato con suo padre per una sciocchezza, del carbone impilato male in carbonaia. "Se lo metti così poi quando lo spalo mi ammazzo, cretino, che rotola giù tutto!" In realtà una sciocchezza non era, morire sotto una valanga di carbone nel seminterrato di un palazzo di Viale Monza, ma la sgridata era rimbombata nell'androne davanti a tutti, davanti agli amici del cortile, e Tedspal se l'era legata al dito e aveva deciso di fargliela pagare, a quel portinaio disgraziato che era suo padre. Gliel'avrebbe fatta vedere lui. Si sarebbe suicidato.
Il giorno dopo, tornato da scuola e finito di pranzare, Tedspal era sceso in carbonaia. Si era chiuso dentro col chiavistello e si era guardato intorno nella penombra caligginosa. Aveva trovato il secchio nero e polveroso del carbone. L'aveva preso. Si era seduto per terra e se l'era piazzato davanti, fra le ginocchia. Aveva cominciato a sputarci dentro. La saliva era un pezzo del suo corpo, un pezzo importante, un "fluido", come gli avevano insegnato a scuola, quindi lui avrebbe sputato. Sputato e ancora sputato, fino a consumarlo tutto, quel fluido. Fino a morire.
Prima o poi suo padre sarebbe sceso per avviare la caldaia. Avrebbe girato l'interruttore di bachelite nero, acceso la luce e trovato il secchio traboccante. Si sarebbe guardato i piedi e avrebbe visto le suole a mollo in un basso strato diffuso di un liquido vagamente schiumoso e nero, anche quello nero, nero di carbone. Avrebbe avuto giusto il tempo di domandarsi "Ma che diavolo...?", poi lo sguardo gli sarebbe caduto sulla punta delle scarpe di Tedspal, che occhieggiavano da un angolo della montagnola fossile. Si sarebbe precipitato là dietro. Avrebbe trovato il suo cadavere, il cadavere di suo figlio. E in un'epifania di disperazione avrebbe compreso, la sua bocca si sarebbe spalancata in un urlo straziante che avrebbe fatto accorrere l'intero caseggiato.
Era passata un'ora. Tedspal aveva sputato, sputato con impeto e concentrazione, sputato ancora e ancora, la gola riarsa, la polvere di carbone che gli irritava gli occhi e gli mozzava il respiro. Gli si erano anche spaccate le labbra. E la saliva aveva cominciato a consumarsi. Presto. Prima del previsto. Troppo rapidamente. Era rimasto lì a osservare quei cerchietti umidi e insignificanti sul fondo incrostato del secchio. Cocciuto, aveva ripreso a sputare, finché non gli era montato un dubbio atroce, il dubbio di non farcela. All'ora di merenda era ancora vivo. Vivo, assetato e affamato. A malincuore, l'orgoglio un po' ferito, ci aveva rinunciato. Impossibile. La sua era un'impresa impossibile. Troppa fatica.
Da allora Tedspal non si è più suicidato.

1 commento:

malcelati 4 ha detto...

allora sono onorato di averlo tra i nostri "membri"