22.11.09

Come Dorothy salvò lo Spaventapassere

Dopo aver salutato i suoi amici Succhialimoni ( ma la piccola, durante la cena, li aveva visti succhiarsi l’un l’altro una cosa che solo lontanamente somigliava ad un limone ) Dorothy si rimise in cammino sulla strada disseminata di murales inneggianti a rappers caduti in battaglia. Dopo aver camminato un fracco, decise di svaccarsi un po’ nell’erba e si avvicinò allo steccato che delimitava la strada, oltre il quale si stendeva un campetto di calcio abbandonato. In mezzo al campo - chissà perché – c’era uno Spaventapassere infilzato ad un palo che gemeva rumorosamente.
Dorothy, ancora stordita dal vino che le avevano quasi a forza tracannato in gola, si mise ad osservare assorta lo Spaventapassere. Era brutto, bruttissimo. Aveva l’acne, i capelli stopposi e i denti marci. Portava una camicia di flanella a scacchi ( come ai bei tempi del grunge ) e pantaloni rosa corti al polpaccio che mostravano calzini di spugna da tennista sotto un paio di mocassini grigi.
Mentre Dorothy osservava incuriosita lo strano esemplare che si contorceva rimanendo fermo nello stesso posto, si meravigliò di vedere che di tanto in tanto uno dei brufoli vulcanici che assediavano il volto dello Spaventapassere si gonfiava ed esplodeva da solo, rilasciando un liquido verdastro che gli colava addosso ricoprendolo di filamenti maleodoranti. In più, al tipo gli colava il moccio dal naso e gli finiva direttamente in bocca, dato che lo Spave aveva le mani legate dietro la schiena.
Quando si accorse che lui la guardava, la ragazzina gli si avvicinò ad osservarlo meglio.
- Oh allora? – disse lo Spaventapassere con voce un po’ provata.
- Hai parlato? – domandò sbalordita la bambina.
- Abbiamo qui la figlia di Einstein! – commentò sarcastico lo Spaventapassere.
- Come stai? – domandò la piccola, che era stata educata dalle suore ad essere sempre educata come una suora.
- Dimmi, cara, come vuoi che stia con un paletto infilzato su per il culo? – rispose lo Spaventapassere col sorriso più accomodante possibile.
- Non vuoi scendere? – domandò Dorothy.
- Secondo te?! –
Dal tono disperato dello Spaventapassere, Dorothy intuì che doveva aiutarlo. Non senza difficoltà riuscì a staccare il fantoccio dal palo: era tutto pieno di secrezioni, tanto che le insozzò parte del vestitino pulito.
- Mamma mia – sospirò quello, appena poggiata la suola dei mocassini per terra. – Adesso mi sento di nuovo un po’ più uomo. Se non avessi avuto anche le emorroidi… -
Poi, fattosi più gentile, si rivolse alla ragazzina: - Chi sei? E dov’è che te ne vai? E che fai venerdì sera? C’hai da fumare?
La bimba rispose pronta: - MichiamoDorothyedevoandareinquelpostoadincontrarequeltalemisembrasichi
amiilmagodiOzzychemiaiuteràafarmitornareacasasanaesalva.
- Che ?!
Dorothy ripeté più lentamente.
- Ozzy? – domandò lo Spaventapassere. – Ozzy quello dei Black Sabbath? -
- Oh io questo non lo so, - rispose malinconica Dorothy. – So solo che lui è un uomo molto potente. -
- Io ne so meno di te, - fece quello, trattenendo con tutte le forze una poderosa scorreggia perché in fondo si trovava sempre in presenza di una ragazzina.
- Com’è che non scappi via da me inorridita? – le chiese, sinceramente incuriosito.
- A scuola mi hanno insegnato ad avere compassione di tutti. –
- Beh, sai, io sono uno Spaventapassere. Appena una passera mi scorge – anche una passerina come te – di solito si dilegua subito… -
- Mi fai una gran pena – disse lei con sincerità tutta infantile.
Lo Spaventapassere mandò giù il boccone amaro e si limitò a chiederle: - Pensi che se venissi con te in quel posto dove stai andando, Ozzy risolverebbe anche qualcuno dei miei problemi? Non che io ne abbia particolarmente bisogno, ma sai… -
- Non saprei proprio, - rispose Dorothy, - ma vieni pure con me, se ti fa piacere. Se Ozzy non ti darà quello che cerchi, certo peggio di così non potrai diventare.
Brutta peste di merda, pensò lo Spaventapassere. Ma si cacciò le mani in tasca e non disse altro.

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